Poco dopo l’intervista già riportata QUI, l’interesse per l’argomento ha portato un altra intervista, sempre sulla rivista Sirio che, in questo caso, mi ha permesso di poter spiegare meglio la mia esperienza ed opinione sulla medianità.
Salve Dott.ssa Azzali, come ho ricordato ai nostri lettori, nel numero di Agosto abbiamo parlato con lei di Gustavo Roll e dei fenomeni paranormali a lui attribuiti. In quella occasione ci ha parlato anche di medianismo, vorremo proseguire su questo argomento, crede esista un modo per riconoscere in sé la presenza di doti medianiche?
Ognuno di noi è un canale tra il cielo e la terra e, attraverso l’ispirazione, attraverso l’atto creativo, esprimiamo quel frammento di universo di cui facciamo parte. Però essere o, meglio, diventare medium, collaborare con il mondo dell’oltre, è una scelta di vita impegnativa perché essere strumento significa stare un passo indietro alla necessità che ti muove.
Mi colpisce molto lo ‘stare un passo indietro alla necessità che ti muove’, però mi pare abbia risposto alla domanda solo a metà, mi spieghi meglio. Cosa intende?
Essendo una necessità, se una persona è chiamata a fare questo tipo di percorso, lo sentirà. Per ogni persona l’esperienza è diversa e dare degli elementi di riconoscimento potrebbe condizionare e non essere d’aiuto, anzi. Le definizioni, qui, per chi si misura con queste prime sensazioni, sono perniciose, fanno malissimo, bloccano. Il mio consiglio è quello di informarsi, indagare non solo l’argomento ma anche sé stessi, in primis. Poi è necessario imparare a porsi le domande giuste e accogliere il dubbio. Il dubbio è molto importante e costituisce l’elemento che fa la differenza fra il valutare esperienze concrete piuttosto che costruirsi credenze e autoillusioni.
Se non entro troppo nel personale, qual è stata la sua esperienza, come si è accorta di avere queste doti?
La mia vita non è stata facile, credo non lo sia per nessuno. Però il mio primo incontro con qualcosa di soverchiante in termini di dolore e la quasi incapacità di comprenderlo, a me è capito da bambina… e nel silenzio di quelle giornate che non finiscono mai ho percepito di non essere sola. Non solo spiriti guida, ma semplicemente, ciò che chiamiamo vuoto è un pieno di informazioni, di forme energetiche, entità, a cui noi abbiamo poi dato nomi e descrizioni, giusto per spiegarcele.
Sì, ecco, insisterei sul fatto che quel che chiamiamo vuoto, non lo è affatto! Durante l’adolescenza mi resi conto di avere ‘qualcosa’, perché un giorno cominciai a sentire che le mie mani stavano prendendo fuoco, concretamente, urlai come una disperata. E da allora la consapevolezza che sarebbe arrivato il momento in cui avrei conosciuto il mio destino non mi ha più abbandonata.
E cos’ha fatto per incontrare questo destino? Voglio dire, presumo non sarà rimasta ad aspettare passivamente…
In verità sì, per un po’ di tempo ho semplicemente aspettato. Sa, poi c’è pure l’adolescenza, ci si ribella a tutto… anche a questo. Fu solo dieci anni più tardi che cominciai a pormi le domande giuste e mi avviai in un percorso di channeling con l’artista Lorenza Cavalli, che mi portò a capire chi ero e cosa volevo fare.
Quelli sono stati gli anni della formazione e della ‘espogliazione’, sì, credo sia necessario spogliarsi da quel che si crede di essere… perché è vero che bisogna fare pratica (e tanta) per sviluppare un discernimento e una fiducia su quel che si è si fa, ma non basta.
Dott.ssa, senza offesa, la prego, ma faccio fatica a seguirla e credo sarebbe interessante se ci spiegasse meglio
Sì, tento. Quando si sceglie la via dell’essere ‘strumento’, ovviamente ci si deve misurare con la consapevolezza di sé e il conoscersi. Tanti punti di riferimento cominciano a vacillare, si comincia a far spazio al nuovo, crollano le certezze e rimani, lì, nuda.
Lì, in quel momento, tutto ha inizio. La difficoltà è accettare di ‘cesellare’ se stessi, partendo dal presupposto che la vita, il mondo, gli altri, sono la grande opportunità per vederci, per vedere ciò che non vogliamo accettare di noi. Sembrerà magari scontato, è quasi arcinoto a chi è in questo ambiente, però davvero: servono i rami, ma senza le radici l’albero muore; se vogliamo imparare ad aprirci all’invisibile è importante dare valore a entrambe le cose: ai rami ma anche le radici.
Si tratta dunque di sviluppare un ‘dono’ preesistente?
Preesistente alla nostra scoperta di averlo, sì, questo è poco ma sicuro. Ognuno di noi hai i suoi propri doni. Qui non voglio e non posso fare teoria. Forse un dono può essere trasmesso come eredità famigliare, oppure è un dono che la nostra anima si è guadagnata con le esperienze, poco importa, in ogni caso, anche se siamo consapevoli di avere un dono, questo dono deve essere scelto perché possa esprimersi liberamente. Scegliere un/il dono significa affrontare le acque della nostra profondità ed essere disposti al cambiamento, qualunque esso sia. Il punto è la scelta.
Le tue ultime parole ricordano molto quel che si dice circa la cosiddetta morte/rinascita iniziatica che, consentimi, se non ‘seguita’ da altri che già lo hanno fatto, ha enormi rischi rispetto l’auto-illudersi di chissà quali traguardi. Limitandoci ora al nostro argomento, hai suggerimenti per evitarlo?
Essere prima di tutto in equilibrio: se vedi delle luci, fai un controllo perché potrebbe essere uno spostamento della retina; se senti delle voci assicurati che non ci siano patologie. Insomma, in certi casi, e dico sul serio, un check-in medico potrebbe essere un’idea da non scartare a priori.
Se davvero “senti”, sarà difficile avere risposte conclusive o interamente oggettive, perché a noi arriva ciò che la nostra mente è capace di elaborare, ma tutto il resto rimane fuori. Il più, l’oltre, spesso non trova nemmeno le parole a cui agganciarsi per essere spiegato…
L’assenza di dubbio non è un buon segno, mi potrebbe far pensare che non ci sia fiducia ma ‘credenza’, credere in qualcosa è diverso dal viverlo e il dubbio aiuta perché mina le basi di ciò di cui si è convinti: per fare esperienza, si deve rinunciare alla certezza, anche dell’esperienza stessa. Per il resto, la vita e il tempo danno sempre i consigli migliori per imparare il discernimento.
Esistono tecniche e modi per sviluppare queste doti?
Esistono modi per lavorare sulle proprie percezioni, sull’intuito, su sé stessi. Ciascuno dovrebbe individuare il proprio, quello che meglio si attaglia alle proprie caratteristiche e sensibilità. Non esiste un metodo replicabile all’infinito e valido per ciascuna persona. Lavorare con la propria creatività potrebbe essere un modo per contattare il proprio silenzio interiore, così come la meditazione. Non dobbiamo diventare qualcun altro, seguire modelli, ma essere noi stessi.
Ci sono stili di vita e pratiche che possono aiutare?
Grandi medium che conosco non meditano e mangiano carne, ma hanno uno spirito grandioso. Guardi, credo che ognuno debba trovare quel che fa per sé. Sicuramente mi sentirei di suggerire un regime di vita sano, ma questo a prescindere dal medianismo… Anche se, a onore del vero, spesso l’avere abitudini dannose ci può segnalare altri problemi, magari di tipo emotivo o energetico che certo non aiutano. Comunque, di una cosa sono piuttosto certa: lo sviluppo di queste doti cammina a fianco alla conoscenza di noi stessi.
Possono essere inizialmente utili esercizi legati alla percezione sensoriale…
Ci può fare degli esempi?
Sono tutte cose molto semplici, è quasi imbarazzante, ma non abbiamo bisogno di grandi cose per lavorare su questo… Così su due piedi le direi di trovare uno spazio in natura, possibilmente in un bosco… si sieda e si bendi gli occhi. Per almeno mezzora provi ad usare il tatto per indagare il terriccio e lo spazio attorno a lei registrando ciò che le sue mani percepiscono. Un’ altro esercizio potrebbe essere questo, di sera, prima di andare a dormire, spenga tutte le luci in camera e si sieda sul letto. Ad occhi aperti focalizzi un punto nel buio per 10 minuti, senza mai staccare gli occhi da questo.
Questi esercizi, se praticati, possono portare a risultati.
Conosce realtà che aiutino questo sviluppo in Italia e/o all’estero?
Sicuramente conosco tanti medium che potrebbero insegnare o aiutare ma, per lo più, non lo fanno… magari non sono interessati all’insegnamento o, lo dico per mia stessa esperienza, hanno già troppo da fare così. Però ci sono eccezioni, c’è anche chi insegna, specie partendo dal lavoro sulla sensitività.
Nomi e cognomi? Riferimenti?
Come le dicevo, ci sono tante persone competenti ma purtroppo, come in molti ambienti che gravitano attorno a tematiche di questo tipo, l’esaltato o il cialtrone di turno è sempre in agguato… Per di più, di scuole vere e proprie ne esistono pochissime, come l’Arthur Findlay College in Inghilterra o, in Italia, la scuola di Percezione di Kriztina Nemeth, sta per avviarsi ora, ma conosco personalmente come lavora e me ne fido. Cito lei e non altri di cui ho davvero moltissima stima perché, banalmente, non tengono corsi o non ho visto di prima mano come lavorano in termini di insegnamento.
Secondo la sua esperienza, ci sono elementi utili per orientarsi e capire la serietà delle persone che potrebbero aiutarci o meno in questo genere di percorso?
Una persona può aiutarvi a scoprire la vostra identità medianica, purché lo faccia senza prendersi i meriti di ciò che siete, perché il medium collabora con la medianità altrui, voglio dire, nessun medium può sapere e avere informazioni su di voi se non siete voi stessi a darli, in forma conscia o inconscia.
Ponete attenzione a chi vi dice cosa fare della vostra vita o a chi si pone come necessario circa il vostro sviluppo interiore, diffidatene. Nessuno è necessario, al massimo contribuisce.
Ascoltate anche il vostro corpo. Mi ricordo di una volta, avevo deciso di partecipare ad una seduta di channeling con una presunta medium, e da subito sentii un peso al petto. In quel momento decisi di aspettare prima di scendere in valutazioni, ma poco dopo, quando la medium cominciò a dire ad una persona presente, cosa doveva fare per potere stare meglio, come se fosse un ordine, ecco, ebbi quasi un conato di vomito. Mi alzai, dissi alla persona che stava conducendo la seduta di smetterla di prendere in giro i presenti e me ne andai. A volte, è una parte di sé che si arroga il diritto di parlare… a sproposito. Perché una guida spirituale non lo fa, non vi dirà mai ‘fai questo e quest’altro’ come fosse un comandamento.
Insomma, “conosci te stesso” e regolati di conseguenza, giusto?
Nosce te ipsum… gnōthi seautón, non conosco né il latino né il greco antico, ma questa frase, “conosci te stesso”, l’ho imparata a memoria… era scritta all’ingresso del Tempio di Apollo a Delfi e lì, insomma, con le tutte le differenze del caso, il medianismo lo praticavano eccome.
Grazie.